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News dal Sistema Solare

Ultimo Aggiornamento: 20/03/2010 14:08
11/07/2007 11:45
Approfondite nostradamus nei post dedicati!!!Grazie
11/07/2007 19:53
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Esistevano già 500 milioni di anni dopo il Big bang Scoperte le galassie più vecchie e più lontane La loro scoperta è stata possibile grazie alle lenti gravitazionali e a un telescopio su un vulcano delle Hawaii

Un galassia «vista» da Hubble

PASADENA (California) - Un gruppo internazionale di astronomi ha avvistato una mezza dozzina di galassie la cui origine risalirebbe a 500 milioni di anni dopo la nascita dell'universo, che si stima abbia un età pari a 13,7 miliardi di anni. Si tratterebbe delle galassie più remote mai avvistate, poiché fino a oggi il più anziano sistema stellare noto si collocava a 750 milioni di anni dopo il Big bang. La luce di questi agglomerati stellari avrebbe viaggiato per 13,2 miliardi di anni luce (un anno luce è la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un anno, alla velocità di circa 300 mila chilometri al secondo) e la loro scoperta è stata possibile solo grazie all'osservazione di altre galassie, più giovani, e al cosiddetto fenomeno delle lenti gravitazionali che ha reso possibile un notevole potenziamento del segnale di queste antichissime stelle.
¦ IL COMMENTO: Così vedremo sempre più lontano di G. Caprara
L'ANNUNCIO – Il gruppo che ha condotto l'indagine – guidato da Richard Ellis, astronomo del California Institute of Technology – si è servito di un telescopio, alto dieci metri, dell'osservatorio Keck, collocato sulla cima del vulcano Mauna Kea, nelle Hawaii. Tre anni di studio, e infine questa scoperta, che sarà presentata ufficialmente giovedì, nel corso di una conferenza presso la sede della Geological Society, a Londra.
FINE DEI TEMPI BUI – Non è ancora certo che tutti gli ammassi stellari rinvenuti siano tanto lontani, nello spazio e nel tempo. In ogni caso la scoperta aiuterà la comunità scientifica a saperne qualcosa di più in merito all'infanzia dell'universo (che a 500 milioni di anni dalla nascita, si era formato solo per il 4%, rispetto a quello che attualmente conosciamo). E sulle ragioni che hanno fatto accendere le prime stelle dopo il periodo iniziale di buio che caratterizzò questa infanzia.
Simona Campanella
11 luglio 2007

www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2007/07_Luglio/11/galassie_lonta...
12/07/2007 12:01
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Esa: 'Acqua su pianeta extrasolare'
Per la prima volta in un pianeta a 64 anni luce dal Sole


(ANSA) - ROMA, 11 LUG - Per la prima volta e' stata osservata acqua in un pianeta al di fuori del nostro sistema solare: e' a 64 anni luce dal Sole. La scoperta e' di un gruppo di ricercatori guidati dall'italiana Giovanna Tinetti dell'Agenzia Spaziale Europea. 'La scoperta del pianeta 'HD189733b' - spiega Tinetti - dimostra che l'acqua potrebbe essere piu' comune fuori da Sistema Solare rispetto a quanto pensato'.

www.ansa.it/site/notizie/awnplus/scienza/news/2007-07-11_111108...
12/07/2007 22:23
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La foto e' stupenda , ma ho difficolta' nella traduzione dell'articolo, qualcuno mi da una mano? [SM=g27833]

Stellar Fireworks

Resembling an aerial fireworks explosion, this dramatic image of the energetic star WR124, taken by the Hubble Space Telescope, reveals that it is surrounded by hot clumps of gas being ejected into space at speeds of over 100,000 miles per hour.

Also remarkable are vast arcs of glowing gas around the star, which are resolved into filamentary, chaotic substructures, yet with no overall global shell structure. Though the existence of clumps in the winds of hot stars has been deduced through spectroscopic observations of their inner winds, Hubble resolves them directly in the nebula M1-67 around WR124 as 100 billion-mile wide glowing gas blobs. Each blob is about 30 times the mass of the Earth.

The massive, hot central star is known as a Wolf-Rayet star. This extremely rare and short-lived class of super-hot star is going through a violent, transitional phase characterized by the fierce ejection of mass. The blobs may result from the furious stellar wind that is unstable as it flows into space. As the blobs cool, they eventually will dissipate into space and so don't pose any threat to neighboring stars.

The star is 15,000 light-years away, located in the constellation Sagittarius. The picture was taken with Hubble's Wide Field Planetary Camera 2 in March 1997. The image is false-colored to reveal details in the nebula's structure.

www.nasa.gov/multimedia/imagegallery/image_feature_865.html


14/07/2007 15:17
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E' stato installato alle isole Canarie, vicino a quello italiano Galileo

Ha un diametro di 10,4 metri contro gli 11 del Southen African Large Telescope

Inaugurato il mega-telescopio GCt
il secondo al mondo per grandezza

di LUIGI BIGNAMI

UNO SPECCHIO gigantesco da 10,4 metri per raccogliere le immagini delle galassie e delle stelle più lontane e più antiche dell'Universo. E' questa la caratteristica principale del nuovo telescopio spagnolo che è stato inaugurato sulle Isole Canarie, vicino al telescopio italiano Galileo (il cui specchio ha un diametro di 3,58 metri).

Più grande del GCT (Great Canary Telescope), come è stato battezzato il nuovo osservatorio, è soltanto il Southen African Large Telescope, 11 metri di diametro. Il GCT è stato installato a La Palma a una quota di 2.400 metri, dove il cielo è ancora pulito, sia dal punto di vista delle particelle inquinanti, sia da quello delle luci delle città.

I primi test sono già stati realizzati in queste ultime settimane e il telescopio ha risposto al meglio, ma ci vorrà ancora un anno prima che possa entrare pienamente in attività. L'intero progetto è costato circa 130 milioni di euro.

Caratteristica del suo specchio principale è il fatto che non è composto da un unico grande pezzo di vetro, bensì da 36 specchi esagonali, i quali, posti gli uni vicini agli altri, formano lo specchio da 10,4 metri. Questo fa sì che la struttura risenta meno delle variazioni dell'ambiente circostante, come l'aumento e la diminuzione della temperatura e della pressione atmosferica. Il telescopio punterà il suo specchio verso gli oggetti più distanti dell'Universo, ma si metterà anche alla caccia di pianeti extrasolari simili alla Terra. "Sarebbe davvero una cosa bellissima se con questo telescopio riuscissimo a portare alla luce un pianeta simile alla nostra Terra", ha detto Pedro Alvarez.

Alla costruzione hanno partecipato anche l'Istituto di Astronomia dell'Università Nazionale del Messico e l'Università della Florida degli Stati Uniti. Campbell Warden, Responsabile del Canary Islands Astrophysics Institute ha detto: "L'elemento di punta di questo telescopio rispetto agli altri è che in esso si concentra la tecnologia di punta della ricerca nel campo dell'infrarosso e ciò darà modo di capire la composizione di eventuali atmosfere di pianeti extraterrestri e non ci si fermerà dunque a semplici speculazioni sulla loro composizione". La cosiddetta "prima luce", ossia la prima osservazione ufficiale, ha in programma l'osservazione della la Stella Polare.

La corsa ai grandi telescopi terrestri si è ormai aperta da tempo e ai due più grandi al mondo si affiancherà presto il Very Large Telescope, che si trova n Cile che è composto da 4 specchi, tre dei quali lavorano già. Quando sarà pronto anche il quarto, lavoreranno in parallelo e allora la capacità di captare la luce dalle stelle sarà simile a quella di un telescopio da 200 metri di diametro. Così il Large Binocular Telescope, in Arizona (Usa), che utilizzerà due specchi da 8,4 metri che gli daranno modo di osservare il cielo come uno specchio da 11 metri di diametro. Ma in programma ci sono già un telescopio da 30, 50 e addirittura 100 metri di diametro.

(14 luglio 2007)

www.repubblica.it/2007/07/sezioni/scienza_e_tecnologia/telescopio-gigante/telescopio-gigante/telescopio-giga...
18/07/2007 23:57
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Cercasi volontari per catalogare galassie Operazione «Galaxy Zoo»: gli astronomi cercano «braccia» per classificare attraverso Internet un milione di formazioni celesti

STATI UNITI - Aiutateci a classificare con Internet un milione di galassie. L’appello è lanciato congiuntamente dall’University of Portsmouth e dall’University of Oxford in Gran Bretagna e dalla John Hopkins University nel Maryland (Usa). I volontari possono partecipare all’operazione attraverso il sito www.galaxyzoo.org
ALBUM FOTOGRAFICO - L’obiettivo battezzato «Galaxy Zoo» è mettere insieme un album fotografico attraverso il quale classificare correttamente le galassie identificando se sono ellittiche o spirali e precisando, dove possibile, in quale direzione ruotano. «Siamo nell’età dell’oro per l’astronomia – dice Bob Nichel, astronomo dell’università di Portsmouth – ma abbiamo ormai più dati di quelli che riusciamo ad assimilare. Ecco perché abbiamo bisogno di volontari e grazie ad Internet l’operazione è possibile. Sappiamo ancora molto poco su molte isole stellari distinguendo solo la loro forma di massima; ma è come limitarsi a distinguere in una popolazione solo i maschi dalle femmine: è decisamente troppo poco».
RISPOSTE FONDAMENTALI - Il catalogo aiuterà gli astronomi a conoscere molto meglio le galassie, a capire come interagiscono fra loro, il modo in cui si sono formate. Se i volontari – precisano gli scienziati – riescono a specificare in quale direzione ruotano, per esempio, ciò sarà utile per capire la loro origine. Inoltre il bilancio conclusivo sarà prezioso per trovare risposte a fondamentali questioni di cosmologia ma anche di fisica delle particelle. L’operazione «Galaxy Zoo» è simile a quella varata dalla Nasa per catalogare i grani di particelle cometarie raccolti dalla sonda Stardust (Stardust(at)home) e dal programma SETI (Seti(at)home) per analizzare i segnali provenienti dal cosmo. Buona avventura tra le galassie.
Giovanni Caprara
18 luglio 2007

www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2007/07_Luglio/18/galaxy_z...
21/07/2007 21:13
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2007-07-21 10:18
USA, problemi a pezzo Shuttle
Per la Nasa micro- malformazioni nelle saldature dei razzi
(ANSA) - WASHINGTON, 21 LUG - C'e' un problema per gli shuttle molto simile a quello che risulto' fatale nel 1986 al Challenger e al suo equipaggio. Secondo la Nasa, le saldature dei razzi esterni utilizzati per il lancio delle navette, presentano microscopiche malformazioni di cui l'agenzia spaziale americana non ha al momento capito le cause. Negli ultimi due decenni non avevano piu' procurato guai, ma ora tornano al centro dell'attenzione.

www.ansa.it/site/notizie/awnplus/scienza/news/2007-07-21_12191...

e non solo.....

2007-07-21 09:48
Giappone rinvia lancio sonda lunare
Da meta' agosto slitta a meta' settembre

(ANSA) - TOKYO, 21 LUG - Il Giappone ha rinviato il lancio di una sonda satellitare per l'esplorazione lunare a causa dell'errata installazione di due componenti. Lo ha annunciato a Tokyo l'ente spaziale nazionale, precisando che il lancio, in programma il 16 agosto con un razzo H-2A, e' stato posposto almeno a meta' settembre. La sonda, denominata Selene, e' composta da 14 strumenti di osservazione suddivisi in tre gruppi destinati a orbitare a 100 chilometri di quota.

www.ansa.it/site/notizie/awnplus/scienza/news/2007-07-21_12190...

2007-07-21 02:25
Marte: tempesta minaccia rover Nasa
Polvere oscura pannelli solari, rischiano la paralisi

(ANSA) - WASHINGTON, 21 LUG - Una violenta tempesta di polvere su Marte sta minacciando i due rover Spirit e Opportunity della Nasa.I due robot rischiano di restare privi di energia a causa della perturbazione che da oltre un mese oscura la parte del pianeta dove si trovano, riducendo al minimo l'alimentazione dei loro pannelli solari. La Nasa ha reso noto di aver ridotto al minimo l'attivita' dei due mezzi, che si trovano in due diverse localita' a sud dell'equatore marziano.

www.ansa.it/site/notizie/awnplus/scienza/news/2007-07-21_12190...

Queste notizie, prese singolarmente, non dicono granche', ma leggendole di filato, ti viene da pensare che al di fuori della nostra atmosfera non e' il momento adatto per andarsene in giro.

Tanto per stare in tema balneare, sembra che qualche "bagnino" abbia issato bandierina rossa [SM=g27825]

[Modificato da sev7n 21/07/2007 21.16]

27/07/2007 12:14
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Re:
E' giallo sul sabotaggio: tagliati i cavetti della macchina, destinata alla stazione spaziale orbitante
Continuano i guai per la Nasa. E un'inchiesta accusa: in missione astronauti ubriachi

Manomesso un computer su Endeavour
a pochi giorni dal lancio dello Shuttle

WASHINGTON - E' giallo su un misterioso caso di sabotaggio allo shuttle Endeavour, che dovrebbe essere lanciato il prossimo 7 agosto. Un computer pronto ad essere caricato a bordo è risultato danneggiato. Alcuni cavetti sono stati recisi e il direttore delle operazioni spaziali della Nasa, Bill Gerstenmaier, ha rivelato che l'agenzia sa chi è il responsabile della manomissione. Si tratta del dipendente di una società che lavora in subappalto per la Nasa, già identificato e sul quale sono in corso indagini (avrebbe compiuto un gesto analogo su un altro computer non destinato alla prossima missione). Gerstenmaier si è affrettato a precisare che l'apparecchiatura danneggiata era destinata alla Stazione spaziale internazionale (Iss) e che nè lo shuttle, nè la Iss avrebbero corso alcun pericolo per il sabotaggio, i cui motivi restano per ora oscuri.

La Nasa si è accorta dell'accaduto prima che il computer fosse caricato nella stiva di Endeavour e ha rivelato la vicenda nello stesso giorno in cui ha confermato la data del 7 agosto per la missione, che è mirata a portare avanti la costruzione della base orbitante. L'agenzia spaziale si è detta convinta di poter aggiustare il computer danneggiato in tempo per il lancio, senza dover così andare incontro a un rinvio.

La Nasa è alle prese con una corsa contro il tempo per cercare di terminare la base da 100 miliardi di dollari prima che gli shuttle vadano in pensione nel 2010. La missione successiva a quella dell'Endeavour, in programma a ottobre, vedrà lo shuttle portare sulla Iss un modulo realizzato in Italia e nell'equipaggio ci sarà anche l'astronauta italiano Paolo Nespoli.

Problemi di ogni genere hanno complicato il programma shuttle negli ultimi anni, ma secondo un'inchiesta appena conclusa, l'agenzia spaziale nel tentativo di accelerare i tempi potrebbe aver corso seri rischi, mandando in orbita perfino astronauti ubriachi.

La scoperta è stata fatta da una commissione medica indipendente, incaricata dalla Nasa di indagare dopo la vicenda dell'astronauta Lisa Nowak, arrestata lo scorso febbraio per l'aggressione e il tentato rapimento di una collega rivale in amore. In due casi, la Nasa avrebbe dato il via libera a missioni anche dopo che i medici e altri astronauti avevano segnalato colleghi gravemente sotto l'effetto dell'alcool. Nessuna indicazione è emersa sulle identità degli astronauti, sull'epoca dei fatti o sulle missioni di cui avrebbero fatto parte.

(26 luglio 2007)

www.repubblica.it/2006/12/sezioni/scienza_e_tecnologia/shuttle-3/giallo-sabotaggio/giallo-sabotag...

[Modificato da sev7n 27/07/2007 12.15]

15/08/2007 20:31
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Temperature in aumento non solo sulla Terra
Sul "pianeta rosso" 0,6 gradi in più in soli vent'anni

Marte e Giove sempre più caldi
così cambia il clima nello Spazio
Scienziati divisi: è il Sole la causa del fenomeno?

di LUIGI BIGNAMI

ROMA - Non è solo la Terra ad avere a che fare con l'aumento della temperatura. Varie ricerche dimostrano come altri pianeti e altre lune del sistema solare stiano sperimentando lo stesso fenomeno.
Marte, per esempio, presenta un cambiamento climatico assai più profondo di quello terrestre. Lori Fenton, ricercatore della Nasa, ha riportato in un lavoro apparso su Nature che la temperatura è salita di 0,6 gradi centigradi in soli 20 anni (contro gli 0,7 in circa 150 anni sulla Terra).

Spiega Fenton: "La causa è da imputare ad una variazione nella radiazione che giunge dalla superficie di Marte, che innesca fortissimi venti e tempeste di sabbia che trattengono il calore e quindi fanno salire la temperatura dell'atmosfera". Di diverso parere Habibullo Abdussamatov, direttore dell'Osservatorio Astronomico di San Pietroburgo, secondo cui "la causa è da ricercare nelle variazioni della radiazione solare che sta riscaldando maggiormente Terra e Marte". Obiezione interessante, perché se la causa principale del riscaldamento globale fosse il Sole vi dovrebbero essere tracce di aumento della temperatura anche su altri pianeti.

Effettivamente anche Giove sta sperimentando una variazione climatica di non poco conto. Nel 1939 l'atmosfera del pianeta era caratterizzata, tra l'altro, da 3 grandi cicloni di migliaia di chilometri di diametro, che nel 2000 sono scomparsi in seguito ad un raffreddamento. Negli ultimi anni, tuttavia, se ne sono formati altri proprio in seguito un nuovo riscaldamento atmosferico.

D'altro canto Philip Marcus, dell'università della California, ha creato un modello dell'atmosfera del pianeta che prevede variazioni climatiche in cicli di 70 anni, durante i quali la temperatura all'equatore salirà anche di 10 gradi centigradi. E però Marcus, pur non essendo in grado di fornire una reale spiegazione del fenomeno osservato, non sostiene che la colpa di tutto ciò sia da imputare al Sole.

Spostandosi verso i confini del sistema solare incontriamo Tritone, una luna di Nettuno, la quale, agli occhi del telescopio spaziale Hubble, ha mostrato nell'arco di 15 anni un aumento della temperatura superficiale di 2 gradi centigradi. In questo caso gli scienziati si sono trovati d'accordo: stavolta è il Sole la causa del fenomeno.

Spiega James Elliot del Massachusetts Institute of Technology: "La Luna si riscalda perché il Sole fa evaporare l'azoto che compone gran parte della superficie. Il gas crea una debolissima atmosfera che riscalda la Luna". Andrebbe però ricordato che in questo periodo Tritone si sta avvicinando al Sole, e dunque è piuttosto difficile capire davvero se il fenomeno sia da imputare alla minore distanza dalla stella o dal fatto che il Sole è più attivo.

A rafforzare l'ipotesi che il Sole stia mettendo lo zampino nel riscaldamento del sistema solare, arriva un'altra ricerca del Mit secondo cui anche la temperatura della superficie di Plutone, che si trova ai confini del sistema solare, si è riscaldata negli ultimi 14 anni di 1,9 gradi centigradi. E in questo caso Plutone si sta allontanando dal Sole. Spiega Jay Pasachoff, astronomo al Williams College degli Stati Uniti: "Una situazione del genere potrebbe essere facilmente spiegata con un aumento della radiazione solare, anche se al momento non abbiamo prove documentabili in questo senso".

Insomma, molto si dibatte sul possibile legame tra riscaldamento dei pianeti, in particolare della Terra, e attività solare e i pareri sono più che discordi. Una recente ricerca realizzata da ricercatori inglesi e svizzeri, sostiene che negli ultimi 20 anni l'effetto del Sole avrebbe avuto addirittura un'azione contraria al riscaldamento globale. Ma Curt Stager del Paul Smith's College (Usa) risponde così sul Journal of Geophisic Research: "Esiste una chiara correlazione tra abbondanza di macchie solari e periodi di intense piogge in Africa orientale". Il Sole, dunque, con il clima della Terra avrebbe molto a che fare.
(15 agosto 2007)

www.repubblica.it/2007/08/sezioni/scienza_e_tecnologia/clima-spazio/clima-spazio/clima-spa...
23/08/2007 17:34
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Riporto una notizia risalente ad una settimana fa circa secondo la quale una stella chiamata Mira (non ho compreso se si tratta della famosa Mira ceti o di un'altra [SM=x289931] ) che a velocità elevata sta attraversando la nostra galassia, lasciando dietro di se una coda lunga 13 anni luce; un anno luce corrisponde all'incirca a diecimila miliardi di chilometri quindi immaginate quale coda spropositamente lunga lasci dietro di se.
http://www.nasa.gov/mission_pages/galex/20070815/
Questo Universo è fantastico! [SM=g27823]


“Se stesso, soltanto da se stesso. UNO, eternamente e singolo.” Platone.
"Fai ciò che vuoi, sarà tutta la Legge". A. Crowley.
"Il migliore dei mondi possibili, non è mai abbastanza."

23/08/2007 22:42
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Ecco gli anelli del pianeta Urano
Uno spettacolo visibile dalla terra ogni 42 anni
(ANSA) - ROMA, 23 AGO - Arriva la prima immagine all'infrarosso degli anelli di Urano. Uno spettacolo raro, visibile dalla Terra ogni 42 anni. A descriverlo su Sciencexpress, e' il gruppo dell'universita' della California a Berkeley, che ha pubblicato anche le prime immagini. La prima sorpresa e' che, contrariamente a quanto si pensava, gli anelli della fascia piu' interna sono molto distinti e prominenti.


26/08/2007 12:03
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Re:
sev7n, 23/08/2007 22.42:

Ecco gli anelli del pianeta Urano
Uno spettacolo visibile dalla terra ogni 42 anni
(ANSA) - ROMA, 23 AGO - Arriva la prima immagine all'infrarosso degli anelli di Urano. Uno spettacolo raro, visibile dalla Terra ogni 42 anni. A descriverlo su Sciencexpress, e' il gruppo dell'universita' della California a Berkeley, che ha pubblicato anche le prime immagini. La prima sorpresa e' che, contrariamente a quanto si pensava, gli anelli della fascia piu' interna sono molto distinti e prominenti.






Come compendio a questo tuo intervento Seve7n, ho trovato un articolo nel quale si afferma che nel corso degli anni gli anelli di Urano appunto, hanno cambiato la loro angolazione, come mostrato dalle immagini sul seguente link: Uranus rings.
Una bizzarra notizia la si può leggere cliccando QUI
Di seguito il testo per intero:

"A GIANT hole has been found in the Universe which is devoid of galaxies, stars and even lacks dark matter.

The team at the University of Minnesota said the void is nearly a billion light-years across and they have no idea why it is there.

"Not only has no one ever found a void this big, but we never even expected to find one this size," said astronomy professor Lawrence Rudnick.

Writing in the Astrophysical Journal, Prof Rudnick and colleagues Shea Brown and Liliya Williams said they were examining a cold spot using the Wilkinson Microwave Anisotropy Probe satellite, and found the giant hole.

"We already knew there was something different about this spot in the sky," Prof Rudnick said.

The region stood out as being colder in a survey of the Cosmic Microwave Background - the faint radio buzz left over from the Big Bang that gave birth to the Universe.

"What we've found is not normal, based on either observational studies or on computer simulations of the large-scale evolution of the Universe," Ms Williams said.

The astronomers said the region even appeared to lack dark matter, which cannot be seen directly but is usually detected by measuring gravitational forces.

The void is in a region of sky in the constellation Eridanus, southwest of Orion.

The researchers have posted images on the internet at www.nrao.edu/pr/2007/coldspot/graphics.shtml


“Se stesso, soltanto da se stesso. UNO, eternamente e singolo.” Platone.
"Fai ciò che vuoi, sarà tutta la Legge". A. Crowley.
"Il migliore dei mondi possibili, non è mai abbastanza."

02/09/2007 00:47
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Giove non è uno scudo
La presenza di un pianeta così grande non diminuisce la probabilità di collisione di asteroidi con la Terra. Uno studio inglese toglie al pianeta gassoso il suo ruolo di protettore

Finora si pensava che la presenza di un pianeta dalla massa enorme come quella di Giove facesse da scudo ai numerosi oggetti che si avvicinano alla Terra e che minacciano di colpirla. Ma uno studio presentato al Congresso Europeo delle Scienze Planetarie che si è tenuto lo scorso 24 agosto a Potsdam, in Germania, porta invece prove del contrario. Gli astronomi Jonathan Horner e Barrie Jones della Open University di Milton Keynes in Inghilterra, con l’aiuto di un modello di simulazione virtuale, hanno dimostrato che il ruolo difensivo di Giove potrebbe essere stato sovrastimato. Sebbene, infatti, molte comete siano deviate da questo pianeta, tante altre vengono invece dirottate verso la Terra.

A sostenere che l’enorme massa di Giove, più di 300 volte quella del nostro pianeta, fosse abbastanza grande da catapultare fuori dal Sistema Solare le comete che potevano colpire la Terra è stato, nel 1994, l’astronomo George Wetherill. Horner e Jones, per dimostrare questa teoria, hanno ricostruito al computer diverse versioni del nostro Sistema Solare: una con Giove e una senza, e tre con pianeti delle dimensioni rispettivamente corrispondenti a un quarto, metà o tre/quarti della sua massa. Il sistema virtuale simulava anche la presenza di 100mila centauri, asteroidi ghiacciati che si trovano all’estremità del Sistema Solare e che spesso minacciano il nostro pianeta. I risultati ottenuti dopo dieci milioni di anni virtuali hanno confutato la teoria di Wetherill mostrando un aumento del 30 per cento delle collisioni di asteroidi con la Terra quando Giove è presente nel Sistema Solare. Le cose sono comunque andate ancora peggio al variare delle dimensioni del pianeta gassoso. Per esempio, quando le dimensioni del Giove virtuale erano la metà della sua massa reale, la probabilità che la Terra fosse colpita da asteroidi aumentava del 500 per cento. Gli studiosi sono quindi arrivati alla conclusione che in assenza di Giove diminuiscono le probabilità che il nostro pianeta venga colpito da asteroidi. Allo stesso tempo, però, un pianeta più piccolo (delle dimensioni, per esempio, di Saturno) complicherebbe il quadro aumentando le probabilità di una collisione.

La ricerca proseguirà con la simulazione delle traiettorie che altri corpi celesti possono prendere nel Sistema Solare virtuale ideato dagli astronomi inglesi. In particolare, l’analisi riguarderà gli asteroidi compresi tra Marte e Giove e le comete provenienti dalla nuvola di Oort che circonda tutto il nostro Sistema Solare. (s.m.)

www.galileonet.it/news/8745/giove-non-e-uno-scudo

04/09/2007 11:46
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Velvet Underground ovvero: nuove ipotesi sul Martian Black Hole
di Paolo C. Fienga & Lunexit

Saturday, September 1st, 2007
Novità su uno dei più recenti “Enigmi Marziani” che abbiamo avuto la fortuna di trattare anche sulle pagine di NEXUS (www.nexusitalia.com): il Martian Black Hole – come noi stessi lo avevamo definito qualche settimana fa – riappare nell’ultima release dei Public Frames provenienti dalla Sonda NASA “Mars Reconnaissance Orbiter“(release datata 29 Agosto 2007).
Il “Buco Nero” di Marte, individuato nelle prossimità del grande vulcano “Arsia Mons“, sembra infatti aver intenzione di rivelarci una piccola (ma interessantissima) parte dei suoi misteri, lasciando che i raggi del Sole (che, al momento dello scatto, si trovava ad un’altezza di circa 49° sull’Orizzonte Locale) ne illuminassero una porzione del suo interno.



L’immagine, suggestiva come la prima (e, per certi versi, forse ancora più intrigante), ci aiuta a chiarire che NON si tratta di un lago (né d’acqua “sporca”, né di ghiaccio, né di idrocarburi, come da noi ipotizzato) ma di un vero e proprio “camino”.
Una voragine.
La NASA, da parte sua, parzialmente rivedendo la sua posizione, ci dice che: “…Dark pits on some of the Martian volcanoes have been speculated to be entrances into caves. A previous HiRISE image, looking essentially straight down, saw only darkness in this pit.
This time the pit was imaged from the West.
Since the picture was taken at about 2:30 p.m. Local (Mars) Time, the Sun was also shining from the West.
We can now see the Eastern Wall of the pit catching the sunlight.
This confirms that this pit is essentially a vertical shaft cut through the lava flows on the flank of the volcano. Such pits form on similar volcanoes in Hawaii and are called “pit craters”.
They generally do not connect to long open caverns but are the result of deep underground collapse. From the shadow of the rim cast onto the wall of the pit we can calculate that the pit is at least 78 mt (255 feet) deep.
The pit is 150 x 157 meters“.

Tutto chiaro e tutto definito quindi?
Probabilmente no. La spiegazione NASA, infatti, nella sua pur elegante semplicità, chiarezza e razionalità, non pare idonea a dissipare definitivamente tutti i dubbi e le speculazioni che sono sorte (un po’ ovunque nel Mondo) su questo enigmatico rilievo.

Innanzitutto, osservate questa bellissima comparazione tra i due frames Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) – operata dal sempre eccellente Dr Gianluigi Barca – e quindi provate ad operare una comparazione analitica tra i diversi rilievi che caratterizzano il bordo (rectius: la porzione più esterna) del “pozzo”.



Per gli amanti di “Misteri e Complotti”, diciamo subito che, sebbene noi sappiamo benissimo che le due immagini sono state scattate ad altezze (leggermente) diverse (252,5 Km per la prima, in cui il “pozzo” appare completamente – ed innaturalmente – nero, rispetto ai 263,5 Km della seconda); ad orari leggermente diversi (15:27 MLT la prima e 14:34 MLT la seconda) e, infine, con Angoli di Fase differenti (51,7° la prima e 25,5° la seconda – ed a tal proposito ci pare importante ricordare che l’Angolo di Fase è l’angolo definito dal Sole, l’oggetto ripreso – ivi: il rilievo Marziano – e l’oggetto che riprende – ivi: la Sonda MRO), i bordi del “pozzo” NON sembrano coincidere perfettamente.

Per essere più precisi (e quindi lasciando ai Lettori il compito di sovrapporre i due frames e verificare con i loro occhi), molti dei “rilievi sospesi” visibili nel primo frame MRO – i quali ci avevano dato l’impressione/illusione di essere “immersi” in qualcosa – sono stati “smussati” e/o “lavati via”.

Al fine di prevenire qualche critica gratuita ed inutile, Vi diciamo subito che siamo perfettamente consapevoli NON SOLO del fatto che una sovrapposizione assolutamente esatta fra il “pozzo” ripreso nel frame MRO PSP_003647_1745 e lo stesso “pozzo” inquadrato nel frame MRO PSP_004847_1745, stanti le differenze di ripresa sopra evidenziate, NON E’ POSSIBILE effettuarla con la certezza assoluta di non produrre deformazioni del rilievo ripreso, MA ANCHE della circostanza per cui il panorama, non essendosi ancora completamente esauriti gli effetti della super-tempesta di sabbia che ha severamente battuto il Pianeta Rosso nell’ultimo mese e mezzo, può effettivamente apparire – a causa dell’alta Opacità Atmosferica (detta anche “Tau” od “A.O.”) – come “piatto” e “smussato”.
Sappiamo, insomma, che qualche differenza tra le due immagini MRO esiste ed è agevolmente spiegabile.

Tuttavia, il nostro Gruppo di Lavoro (assieme a qualche Collega Americano) è possibilista sul fatto che la seconda immagine del “pozzo” ottenuta dall’Orbiter NASA possa essere (stata) viziata.

Molto interessante, poi, ci pare la struttura del “pozzo”, che abbiamo cercato di meglio definire e delineare in questa nostra elaborazione del frame MRO PSP_004847_1745.



L’ipotesi secondo cui il “pozzo” si apra su una grande caverna sotterranea, tutto sommato (ed anche se alla NASA non sembra piacere più), può comunque essere accettabile, ma l’analisi visiva del frame – una volta operata una serie di stretches e contrasti per evidenziare meglio quelle aree del pozzo che, pur non ricevendo la luce diretta del Sole, comunque posseggono una albedo tale da permettere loro di riflettere una (seppur modestissima) porzione della luce riflessa dalle pareti direttamente illuminate – ci suggeriscono almeno due nuovi scenari.

Uno scenario “plausibile” e “razionale” – che chiameremo Scenario “A” – ed uno scenario “tanto affascinante” quanto “irrazionale ed improbabile” – che chiameremo Scenario “B”.

Scenario “A”: il pozzo si apre effettivamente su un ambiente sotterraneo il quale potrebbe essere sia una (magari gigantesca?) caverna, sia un ambiente di (riteniamo) notevoli dimensioni dal quale transitano o si dipartono “n” gallerie che – ed in questo frangente ci piace provare ad immaginare… – potrebbero sia arrivare a grandi profondità (ad esempio nel loro versante che si rivolge nella direzione del grande Vulcano Arsia Mons) oppure giungere a sbucare all’aperto (abbiamo già notato, in passato, la presenza di non meglio spiegabili fori o apparenti cavità che si aprono, ad esempio, sulle pareti interne di alcuni crateri di dimensioni medio/grandi, oppure sulle pareti di gole e crepacci i quali possono essere situati anche in regioni distanti decine e decine di Km dai camini vulcanici).

Comunque, noi NON crediamo che il pozzo sia un “pit crater” né un tradizionale “collapse pit“.
Noi riteniamo che l’ambiente sotterraneo situato al di sotto del “pozzo” sia un ambiente “aperto” (ancorché non necessariamente una galleria o una semplice grotta) e di dimensioni medie o medio/grandi.
A tale conclusione preliminare siamo giunti attraverso l’analisi di dettaglio del frame MRO PSP_004847_1745 la quale, sebbene trattasi di mera analisi visuale (e dunque imperfetta per definizione), ci dice che, in primo luogo, le pareti del “pozzo” non seguono la sua “bocca” (o circonferenza superiore), ma appaiono assecondare (almeno parzialmente) un diverso disegno (e quindi escludiamo la subsidenza o collapse pit in senso classico); in secondo luogo, osservando l’immagine in versione iper-contrastata (anche se non serve eccedere in artifici tecnologici per notare il dettaglio che stiamo per descrivere), la parete illuminata dal Sole sembra, ad un certo punto, interrompersi bruscamente, con ciò confortando l’ipotesi originale (sposata anche dalla NASA, almeno sino a poco tempo fa) secondo cui si potrebbe effettivamente trattare di una “parete sospesa” nel vuoto.

Ed il vuoto, in un simile frangente, crediamo non possa essere altro che un ambiente situato ancor più in profondità e, come ovvio, per adesso del tutto invisibile (anche agli splendidi e perfetti occhi dell’Orbiter).
Se la NASA fosse realmente interessata all’investigazione di questo rilievo, noi riteniamo che lo scattare delle fotografie facendo uso di filtri ad infrarossi (e, magari, scattandole durante la notte) potrebbero essere di fondamentale aiuto per comprendere se, dalla voragine, fuoriesce (chissà…) della luce e/o, più verosimilmente, del calore.

Scenario “B”: se c’è una speranza concreta di trovare qualcosa di “vivente” (nel senso squisitamente terrestre del termine) su Marte, allora questa speranza risiede nelle profondità del Pianeta Rosso.
Regioni sotterranee quali caverne – appunto… –, gallerie, anfratti ed autentici cunicoli all’interno dei quali l’atmosfera, oltre che più densa, sarebbe anche e sensibilmente più calda ed accogliente.
Angoli remoti, situati dalle poche decine di metri a qualche chilometro di profondità, nei quali, probabilmente in ben determinati periodi e momenti del lungo Anno Marziano, alcune sorgenti riescono a sciogliersi ed a trasformarsi in serbatoi e, nel contempo, in veicoli per il trasporto e lo sviluppo di forme di Vita Organica.

In realtà, l’idea che nelle profondità di Marte – oltre che in alcune specifiche Regioni superficiali del Pianeta – sia comunque possibile rinvenire (addirittura) dei piccoli fiumi o alcuni laghi – di modeste o modestissime dimensioni – le cui acque restano liquide costantemente o, almeno, per lunghissimi periodi, è un’idea certo non solo nostra e neppure tanto recente.
In effetti si tratta di un’idea (o di una intuizione) che circola negli ambienti Scientifici ed Amatoriali da molto tempo.
Svariati anni, probabilmente (almeno dal periodo del “primo” – e più valido – Richard Hoagland in avanti, diremmo).

Ma c’è di più.

Se vogliamo fantasticare, infatti, e se volessimo credere davvero che, su Marte, in un’epoca comunque lontanissima dai nostri giorni, effettivamente nacque e si sviluppò una Civiltà Indigena capace di raggiungere un discreto sviluppo culturale e delle significative conoscenze (scientifiche?) dell’ambiente circostante, dove pensate che fosse più probabile – dato che il Pianeta Rosso è INDUBITABILMENTE un mondo meno temperato e conciliante della nostra Terra… – che questa Civiltà avrebbe saggiamente pensato di fissare delle residenze stabili?

In tutte le “aree a cielo aperto” del Pianeta Rosso, forse? Aree che, ovunque situate, risultano sempre e comunque soggette al costante bombardamento dei Raggi Cosmici e delle Radiazioni provenienti dal nostro Sole – per non parlare della pure costante minaccia costituita dai bolidi e delle (letali) micro-meteore, agevolate nel loro compito distruttivo dalla indiscutibile tenuità dell’Atmosfera Marziana?
O magari ai Poli e/o nelle aree Presso-Polari, dove potrebbero effettivamente essere disponibili gradi quantitativi di acqua (grazie a laghi e piccoli torrenti, per lo più), ma laddove il lunghissimo ed inclemente Inverno Marziano garantisce solo una costante, incombente ed oltremodo gelida semi-oscurità?
O forse nelle grandi Pianure Equatoriali, probabilmente anche a clima temperato nei mesi che vanno dalla tarda Primavera alla tarda Estate, ma che sono purtroppo rese completamente brulle ed inospitali non solo dai violentissimi venti che le spazzano quasi costantemente, ma anche dall’estrema (ed antichissima) secchezza del clima?

Tutte queste ipotesi, sebbene costruite nella e con la Fantasia, ci suggeriscono subito che l’unico ambiente eventualmente idoneo per crearvi un qualcosa che potremmo anche definire come “urbanizzazione“, se guardiamo al Passato (o “colonizzazione“, se invece volete rivolgerVi al Futuro), era (ed è) il sottosuolo di Marte.
E NON parliamo certo di un sottosuolo qualsiasi: stiamo facendo riferimento al sottosuolo delle Regioni più vicine a quelle che erano – e, forse, sono ancora (sebbene entro limiti ridottissimi) – le uniche ed autentiche sorgenti di calore e, quindi, di energia disponibili sul Pianeta.
Regioni inquiete, ma ancora attive.
Regioni “vive”, insomma (e, forse, non solo geologicamente).

Ci stiamo riferendo, come avrete capito, al sottosuolo delle Regioni prossime ai Grandi Vulcani: Tharsis, quindi e su tutte (ma non solo).

E se la voragine che la Sonda MRO sta osservando fosse realmente una “via di accesso” ad un Mondo Sotterraneo ancora (anche se magari solo in parte) vivo e vitale e, in ogni caso, ricco di autentiche ed inimmaginabili “Memorie Storiche e Biologiche” del Pianeta Rosso?

La Fantasia non conosce limiti: lo sappiamo tutti e lo sappiamo bene, e quindi Vi preghiamo di prendere ed interpretare quello che abbiamo scritto non solo con benevolenza, ma anche con la necessaria e dovuta cautela e spirito critico.
Le ipotesi “di frontiera”, a volte, è bello farle: diciamo che, entro certi limiti, esse sono una “giusta provocazione” ad un Universo (Scientifico e) Divulgativo sovente chiuso, sonnolento ed attitudinalmente – e costituzionalmente, forse – reazionario (diremmo in larghissima misura).

E comunque, se ci permettete di dirlo onestamente prima di chiudere, sognare è necessario, a tutti e per tutti.

Ed è stato proprio un piccolo sogno quello che, questa volta, abbiamo deciso di proporVi, mentre scrutavamo nell’oscurità di una voragine senza nome, aperta su un Mondo che appare (davvero!) senza Tempo.



Posted in Velvet Underground - di Paolo C. Fienga & Lunexit
Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare... navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire...
04/09/2007 22:40
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Questa è stata scattata dal rover su Marte... non vi sembra strano come terreno?
A me pare leggermente artificiale.



Questo è il commento originale di chi ha postato la foto su www.disclose.tv :

Photo from Mars Rover 2004.
Question,Why or where did this piece of wood like thing come from,also is rock formation really a path of some kind laid by a martian landscapper.Nice pattern I must say.Also my other photo I posted here in regards to this photo was deleted by someone.


Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare... navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire...
05/09/2007 10:24
Quello a destra POI sembra un tronco di lengo....
06/09/2007 22:11
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07/09/2007 10:44
Re:
Lostmu, 06/09/2007 22.11:





UN ELETTRONE "SCEGLIE" DI COMPORTARSI IN MANIERA DIVERSA QUANDO VIENE OSSERVATO? [SM=x289931]
07/09/2007 13:46
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Questo secondo il video ,sarebbe da capirci meglio, mi ricorda tanto alla matrix quando dice che certe regole possono essere eluse o infrante
07/09/2007 16:35
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Re: Re:
aralelex, 07/09/2007 10.44:




UN ELETTRONE "SCEGLIE" DI COMPORTARSI IN MANIERA DIVERSA QUANDO VIENE OSSERVATO? [SM=x289931]



in effetti, è più o meno quello che sostiene la fisica quantistica....


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